Quella sensazione strana quando si è in profondità……
comunicato stampa
COMUNICATO STAMPA:
Dopamine/BDNF loss underscores narcosis cognitive impairment in divers: a proof of concept in a dry condition
Quella sensazione strana quando si è in profondità……
Nasce dalla richiesta dei campioni di apnea della Nazionale Italiana FIPSAS la necessità di comprendere meglio quello che provano durante le loro immersioni a profondità che raggiungono e a volte superano i 100m. A quelle profondità si è da soli, e il nostro corpo subisce stimoli, pressioni e stress estremi, mettendo in atto meccanismi di adattamento che non sempre sono abbastanza efficienti. Esporci quindi a tali ambienti comporta un forte rischio di sviluppare rapidamente delle manifestazioni di patologie legate alla profondità. La più nota al grande pubblico è l’embolia gassosa, ovvero la formazione di microbolle di aria nel sangue durante una risalita in superficie eseguita non correttamente. Gli apneisti specificamente, prendendo un respiro in superficie e mantenendo la pausa respiratoria fino alla riemersione, non sono esposti tanto a questo rischio, quanto più a quello di “esaurire” l’ossigeno e di incorrere in una sincope ipossica in acqua. Tuttavia in letteratura sono descritte, principalmente per chi va in acqua con le bombole, delle alterazioni neurocognitive legate al respirare aria ad alta pressione, che incorrono quindi a profondità considerevoli, in particolare definite come tossicità da ossigeno e narcosi da azoto. Tuttavia i campioni mondiali di apnea, inaspettatamente, raggiungendo risultati di profondità che superano di gran lunga ogni aspettativa si trovano di fronte a questo fenomeno inaspettato. Riportano infatti una sensazione di obnubilamento ed euforia proprio al raggiungimento delle quote più profonde, quando devono essere lucidi ed iniziare la risalita.
Per un parere scientifico si sono quindi rivolti al Professor Gerardo Bosco, docente di Fisiologia dell’esercizio e direttore del Master di II livello in medicina subacquea ed iperbarica all’Università di Padova. Lui e i suoi collaboratori negli anni sono riusciti a ridefinire le modalità di studio della fisiologia degli ambienti subacquei ed iperbarici, inventando e applicando innovative tecnologie a questo ambiente estremo. In questo particolare caso, per rispondere alle esigenze degli atleti di conoscere meglio questa alterazione cognitiva legata alla profondità ed imparare quindi a padroneggiarla, è stata organizzata un’esperienza diretta, sul campo, che fungesse sia da simulazione per gli atleti, che da esperimento vero e proprio per dare una risposta scientifica, molecolare, a tale necessità. Il supporto logistico e tecnico ATiP, centro di medicina iperbarica di Padova, hanno reso possibile questo studio sperimentale nonostante il periodo pandemico.
Gli atleti (Zecchini, Bregonzio, Mogavero, i tecnici Tommasi e Geraci), riuniti al centro iperbarico ATIP di Padova, si sono resi disponibili a fornire al Dott. Tommaso Antonio Giacon, responsabile tecnico scientifico dello studio, dati anamnestici, campioni di sangue, urine e saliva prima e dopo l’ingresso nella camera iperbarica. Accompagnati dal Dott. Giacomo Garetto, resp. medico Atip, essi si sono esposti ad un’immersione simulata, tramite una compressione rapida all’interno della camera fino ad una quota corrispondente a 48m di profondità respirando aria. All’interno della camera hanno potuto provare, in totale sicurezza la sensazione di euforia da profondità data dalle alte pressioni dei gas, e hanno eseguito dei test cognitivi e raccolto campioni di saliva durante la seduta. Le grandi risate e l’annebbiamento terminano con l’inizio della risalita, segno chiaro per chi studia questi fenomeni, che è proprio la profondità ad avere un effetto diretto sul nostro signaling nervoso. Una volta “risaliti in superficie” ed usciti dalla camera gli atleti riferiscono di aver vissuto con entusiasmo questa esperienza, che è stata molto utile ed inaspettata, e che effettivamente hanno notato la comparsa dei sintomi all’aumentare della profondità.
Alla fase sul campo è seguita l’analisi dei dati, eseguita all’istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Milano dalla Dott.ssa Simona Mrakic-Sposta e l’elaborazione di un articolo scientifico sulla base dei dati ottenuti, che ha visto coinvolto oltre al gruppo del prof Bosco anche il Professor Nazareno Paolocci, Università di Padova-John Hopkins Baltimore, ed Enrico Camporesi, USF/TGH Tampa. Lo studio, che è stato di recente pubblicato sul prestigioso European Journal of Applied Physiology, ha richiesto grande impegno da parte di tutto il gruppo di lavoro, perché esplora un argomento teorizzato, ma con pochi precedenti e molti interrogativi pratici che richiederanno sicuramente ulteriori indagini per delle conferme. Tuttavia questa nuova linea di ricerca che si è aperta in questo modo così speciale, ha dato prove dirette che sono proprio i principali neurotrasmettitori a subire un’alterazione legata all’esposizione alla profondità. Infatti i dati fanno emergere come transitoriamente vi siano stati un forte aumento dello stress ossidativo e una diminuzione del potere antiossidante durante questa “immersione a secco”, accompagnate da un calo dei livelli di dopamina e di glutammato che sono neurotrasmettitori eccitatori, oltre al BDNF, fattore neurotrofico che regola ad ampio spettro le dinamiche neurocognitive. A tali dati corrispondono anche i risultati scadenti dei test cognitivi eseguiti all’interno della camera che rispecchiano una transitoria alterazione dello stato mentale con un ritorno alla normalità al ritorno a pressione ambiente.
Per concludere quindi, questo studio mostra dei risultati promettenti ed entusiasmanti, che non solo possono spiegare la sintomatologia che mette in pericolo gli atleti, ma aprono una nuova opportunità di modulare ed agire a livello neurocognitivo per prevenire gli effetti dei gas a pressione.